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Levio, imprenditore spregiudicato che ha trasformato i rifiuti in oro

Argomento: Cronaca locale

Creato da Mauro Fontana il 07/03/2009 alle 8.17


il mattino di Padova — 26 giugno 2009   pagina 30   sezione: PROVINCIA

di Enzo Bordin   GRANTORTO. Possibile che nessuno fosse a conoscenza di quel suo spregiudicato affarismo, un tanto al chilo, con rifiuti tossici riciclati in Cina attraverso documentazioni fasulle? I notabili di Grantorto preferiscono non sbilanciarsi, continuando a difendere il perbenismo di facciata di Loris Levio, l’intraprendenza fatta persona, tipica di chi si è costruito una fortuna dal niente. La sede operativa della sua ditta è in via Regina Elena 32 di Grantorto. Ma dirige altri tre stabilimenti dove venivano stoccati rifiuti speciali con destinazione Cina. Uno a Badia Polesine, un altro a Vigonza e il terzo a Selvazzano.  Personaggio ambizioso e scaltro, questo cinquantenne separato con prole (una figlia lavora al suo fianco in ditta) conduce una vita agiata: piccole manie da parvenu ma senza eccessivi sfarzi, preferendo curare i suoi affari facendo della discrezione la tattica per passare inosservato. Resta da chiarire il ruolo della sua attuale compagna cinese OMISSIS, 45 anni, arrestata con le stesse accuse di Levio. E restano da definire i ruoli degli altri indagati minori, tutti dipendenti dell’azienda: Emilio Malfatti di Grantorto, Renzo Capuzzo di Badia Polesine, Michele Ragazzo di Pianiga, Sonia Boschetto di Selvazzano, Davide Bozzolan di Grantorto, Monica Morella di Costa di Rovigo, Flavia Canaia di Grantorto, Catia Varotto di Vigonza e Piergiorgio Soranzo di Selvazzano.  I 70 camion sequestrati dai carabinieri del Noe ed utilizzati per il trasporto di quelle «bombe ecologiche» destinate ad essere poi lavorate e utilizzate come materia prima per fabbricare giocattoli, la dice lunga sul volume d’affari di questo signore non nuovo a simili «giri». Ufficialmente, la ditta di Levio era abilitata a trattare scarti della lavorazione di plastica. In realtà gli scarti apparivano di tutt’altro genere e consentivano affari d’oro, in barba alla salute dei cittadini del mondo, dal momento che giocattoli e soprammobili da bazar cinese costruiti col trucco finivano in varie parti del globo, Italia compresa.  Siamo in presenza di una variante purtroppo peggiorativa di quanto avvenuto a marzo del 1999, quando le Fiamme gialle di Cittadella (nelle pieghe di un’indagine all’epoca coordinata dal pm Mariella Fino, oggi giudice del tribunale di Padova) scoprirono che nel perimetro di 15 mila metri quadri della ditta di Levio erano stati sotterrati rifiuti tossico-pericolosi. Anche allora molti «sapevano», ma furono pochi quelli disposti a parlare. Venne accertata la presenza di cromo trivalente ed esavalente, sostanza chimica utilizzabile nelle industrie galvanoplastiche del settore ramatura, zincatura e doratura dove vengono costruiti oggetti metallici utilizzando stampi che funzionano da elettrodi. Ma la ditta amministrata da Levio venne alla ribalta anche nel 1994, quando la sede operativa fu trasferita da via Cappello di San Pietro in Gu a Grantorto. A San Pietro in Gu l’allora sindaco Antonietta Basso, con un’ordinanza, permise l’accesso dell’Usl al fondo privato dell’azienda appena dismessa. Gli accertamenti sanitari partirono da un esposto che parlava di «rifiuti tossici e nocivi interrati». Un esposto anonimo. Chi si espone, a quei livelli, è segnato per sempre.





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