il mattino di Padova — 24 luglio 2009 pagina 28 sezione: PROVINCIA
GRANTORTO. Da oltre un mese sono senza lavoro: el paròn è in carcere, i dipendenti vivono nell’angoscia e nell’incertezza. Ieri mattina, una cinquantina di dipendenti della Levio Loris srl si sono dati appuntamento in via Regina Elena, a Grantorto, davanti alla sede dell’azienda. La loro rabbia l’hanno appesa sui muri, l’hanno scritta sugli striscioni: «Vergogna, con questa crisi». I dipendenti. Si respira una insofferenza crescente nei confronti della casta: «A voi che comandate, non spendete i soldi per andare in ferie ma pagateci i nostri prestiti, i nostri mutui, le nostre bollette, il mangiare, ridateci il nostro lavoro». I lavoratori mandano segnali chiari anche al sistema giustizia: Loris è dietro le sbarre, loro vogliono capire quali saranno le prospettive di riprendere l’attività: «Magistrati, datevi una mossa». E poi: «Cento famiglie sono allo sbando per i ritardi della magistratura». I familiari. Non c’erano solo gli operai; al picchetto si è presentata anche la famiglia dell’imprenditore arrestato: la figlia Elena, che lavora col padre, 22 anni; Valentina, 21 anni, e Mattia, 19 anni; c’era anche la moglie e madre, Jones Dissette, 47 anni: legatissima al marito, nonostante si siano separati da un anno e mezzo. Sono rimasti a Grantorto tutta la mattinata, nel primo pomeriggio erano con i lavoratori dello stabilimento di Badia Polesine. La figlia. «Da più di un mese - lo sfogo di Elena - non vedo mio padre. I miei fratelli sono stati da lui sabato: è forte, ma si sta demoralizzando. Non possiamo pagare i dipendenti, non possiamo lavorare: vogliamo delle risposte, in un mese di chiusura abbiamo perso 800 mila euro. Non capisco - insiste - mio padre è incensurato, perchè resta in carcere? Lo stabilimento è in regola, come si fa a tenere tutto fermo?» La moglie. «La mia famiglia, i miei figli, i dipendenti sono stati offesi: guai a chi mi tocca Levio - avverte - 23 anni fa io e mio marito siamo partiti da una baracca a San Pietro in Gu: è una persona onesta, lavorava dalle 5 di mattina alle 3 di notte, ci lascino lavorare». Il sindaco. Sergio Acqua: «Martedì c’è stato un sopralluogo di Arpav, Noe e Provincia: non è stata riscontrata alcuna irregolarità. La magistratura deve fare il suo lavoro, ma bisogna anche dare risposte a famiglie esasperate, che devono far fronte ai problemi di ogni giorno». Le indagini. Da quanto è emerso sinora nell’inchiesta, la Levio Loris srl mandava cento container al mese ad Hong Kong pieni di liquidi odorosi, ricavati dai rifiuti della plastica, che le indagini chimiche hanno accertato essere pericolosi. Rifiuti che i cinesi avrebbero trasformato in oggetti in plastica, casalinghi e giocattoli, che poi sarebbero stati venduti anche in Italia.